Utili contro la psilla del pero
Uno dei principali effetti dell’arrivo della cimice asiatica è il cambiamento delle strategie di difesa dei fruttiferi che si erano definite negli ultimi anni sia nella quantità che nella qualità.
L’arrivo di questo fitofago esotico ha stravolto le strategie di difesa integrata che si stavano applicando con ottimi risultati e, a fronte del crescere dei danni e delle infestazioni, la prima risposta è stata quella di aumentare il numero di trattamenti e di intensificarne la frequenza.
Se la cimice diventa prevalente
Di fatto la strategia di difesa da H. halys è diventata prevalente su tutte le altre e sono via via entrati nelle linee tecniche i prodotti più efficaci nel contenerla anche se avevano caratteristiche poco compatibili con la produzione integrata.
E così, nella difesa dei fruttiferi, sono comparsi i piretroidi che prima non si impiegavano e hanno avuto maggiore spazio anche i neonicotinoidi e i fosforganici. Nel concreto la strategia di difesa generale delle principali colture frutticole ha finito per identificarsi con quella per la cimice asiatica.
Su pero l’impiego massiccio di piretroidi sta provocando un aumento esponenziale delle infestazioni causate dalla psilla (Cacopsylla pyri) e non è infrequente imbattersi in pereti che a fine stagione sono diventati completamente neri.
L’attività di Anthocoris nemoralis
In questa situazione e in attesa che la lotta biologica dia i suoi frutti contenendo le popolazioni di cimice asiatica, è diventato ancora più importante preservare l’attività degli ausiliari e soprattutto di Anthocoris nemoralis che è il più efficace agente di controllo naturale della psilla.
La capacità “regolarizzatrice” degli antocoridi è ben conosciuta e le moderne strategie di difesa integrata hanno sempre cercato di preservarne l’attività con una oculata scelta delle sostanze attive impiegate nelle strategie di difesa del pero, sia nella lotta diretta alla psilla sia nella lotta alla carpocapsa.
Oggi, che le strategie sono cambiate e che ci sono situazioni in cui la sopravvivenza degli antocoridi nei pereti è stata messa a rischio da una strategia insetticida molto aggressiva, è importante aiutarne l’attività in ogni modo, anche con la presenza di alcune piante spontanee e ornamentali come Albero di Giuda, Olmo, Frassino e Biancospino che offrono spazi sicuri di svernamento e prede alternative in momenti di scarsa disponibilità di psilla sul pero.
L’antocoride compie di norma 2-3 generazioni annuali e sverna come adulto riparato all’interno dei pereti o nell’ambiente esterno avvantaggiandosi della presenza di siepi, lettiere e di altri ricoveri. Per arrivare allo stadio di adulto attraversa 5 stadi giovanili (2 da neanide e 3 da ninfa). Le generazioni successive compaiono nel frutteto da giugno a settembre. A. nemoralis oltre a essere un predatore della psilla si nutre attivamente anche di altri fitofagi: è stato calcolato che un adulto nella sua vita può cibarsi fino a 300 forme giovanili di psilla mentre, una forma giovanile, può consumare fino a 600 acari, da 100 a 200 afidi, o 60-100 neanidi di psilla.
I lanci degli ausiliari
Nelle aziende che sono riuscite a stabilire un solido equilibrio biocenotico nel pereto attraverso tecniche rispettose dell’agroecosistema, gli antocoridi colonizzano stabilmente il frutteto e riescono in breve tempo a ridurre ai minimi termini la popolazione.
Nei casi in cui la presenza degli antocoridi selvatici risulta troppo rarefatta, anche a causa dell’aumento della pressione chimica, diventa molto più complicato ricreare l’equilibrio biologico nel pereto anche perché la progressione delle popolazioni di predatore di norma è naturalmente più lenta e segue di 2-3 settimane quelle della preda.
In questi casi può essere d’aiuto il “lancio” di antocoridi allevati che permettono di anticipare l’insediamento di una buona popolazione del predatore nel pereto, prima di quando non avvenga naturalmente e limitare così al massimo lo sviluppo della psilla.
FONTE: terraevita.edagricole.it